La vibrazione delle corde vocali non dà origine al nostro tono singolo, viene invece generata un'intera famiglia o spettro di toni e questi toni sono chiamati ‘overtones’. Qui, nella laringe, dove iniziamo a cantare, dove iniziamo a parlare, quella vibrazione inizia una reazione canalizzante di bellissimi ‘overtones’ che possono potenzialmente essere ascoltati (J Sundberg 1987).
Quindi potremmo definire la laringe come primo risuonatore (Pine 2003).
Da essa si prosegue andando in faringe. La faringe è considerata di solito un passaggio tra la laringe e le cavità nasali (ultime e superiori camere di risonanza), ed in realtà è suddivisa in tre parti diverse, parlando anatomicamente di laringofaringe, orofaringe, rinofaringe, ed è qui che il nostro suono si arricchisce di armonici.
Elemento importantissimo nella cavità orale è il palato molle, che separa orofaringe e rinofaringe, e ancora più importantissimo, è che questa componente sia libera di potersi alzare, fondamentale per la qualità del timbro della nostra voce.
Ed è lì che noi dobbiamo sentire di ‘portare il suono’, percepire il passaggio nei risuonatori superiori, strutture ossee concave che arricchiranno massimamente il nostro suono.
La bocca è considerata un risuonatore ma spesso, erroneamente, si pensa ad essa come al risuonatore più importante. Quello che per succede in questi casi è che si rischia di lavorare in overdrive per cercare di mettere il suono fuori dalla bocca per spingere il respiro verso l'esterno, cosa questa che comporta l’impiego di un sacco di pressione oltre all’emissione di un suono aspro.
Cio che si deve percepire non è il passaggio di aria nelle cavità nasali ma la loro messa in risonanza e per far sì che questa avvenga, occorre far passare il suono dietro il palato molle, dall’oro alla rinofaringe, e la lingua non deve spingere indietro, il tragitto deve rimanere libero per permettere il passaggio dell’aria (Hanser 2010).
Mentre raffiniamo il controllo e la sensazione a livello del palato di sensazioni ed è questo ciò che dovremmo fare, il passaggio successivo è il perfezionamento della percezione della risonanza, della vibrazione del suono, muovendo attraverso il tratto vocale. Si tratta di una sensibilità biunivoca, la risonanza a sua volta permette di percepire la sensazione di sé in tutte le strutture coinvolte del tratto vocale. Puoi sentirlo solo qui o qui e continuare a lavorare su una sensazione equilibrata, su come la vibrazione si sta muovendo (Miller 1986).
L'ultimo risuonatore che abbiamo non è nella testa, ma è il risuonatore del petto, il nostro torace. Anche qui è importantissimo che lasciamo l’aria, il suono, libero di espandersi naturalmente, ogni forzatura respiratoria sarebbe un controllare, quindi forzare inserendo delle rigidità in un meccanismo che in sé è naturale. L'idea è di fermarsi di fronte all’idea del suono in sé, per non sentirci come se mettessimo un uccello in una gabbia ma come se volessimo lasciare le strutture vibrare al meglio delle loro capacità (Hansel 2010).
Occorre pensare a tutte queste strutture come all’architettura di una cattedrale. Se si cammina all’interno di una cattedrale ci si accorge che il suono è ben bilanciato in ogni punto in cui ci troviamo. Ciò è permesso dalle curvature, dalle volte architettoniche. Uno dei vantaggi di un soffitto a volte deriva dalla qualità della risonanza che esse inducono. La risonanza è rinforzata e migliorata dalle superfici curve. Secondo le leggi elementari di propagazione e riflessione del suono, le superfici cilindriche e sferiche non solo concentrano e focalizzano il suono, ma migliorano e prolungano anche le armoniche (sfumature) del suono originale.
Quindi, nonostante la tecnica propria vocale nel canto e/o nella recitazione, è molto importante che permettiamo a questi risonatori di funzionare in modo naturale, in modo rilassato, in un modo che non sia spinto, non supportato, proprio perché il suono necessita di essere assorbito per poi essere riflesso e per le leggi dei materiali minore è la resistenza e maggiore sarà l’assorbimento e la seguente riflessione (Reznikoff 2006).
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